Quota 100, quanto si perde andando in pensione prima
Quota 100 andrà in pensione
– gioco di parole d'obbligo – alla fine del 2021. Ma quanto si perde aderendo a
questa forma pensionistica anticipata?
Quota 100 andrà
in pensione – gioco di parole d’obbligo – alla fine del 2021.
Mentre il Governo è da tempo al lavoro per definire cosa succederà dopo (sul
campo ipotesi Quota
41, ma non solo), sempre più lavoratori si stanno chiedendo se
convenga davvero approfittare dell’uscita anticipata e quanto si perde di
pensione aderendovi.
Iniziamo col ricordare che
Quota 100 è una prestazione economica erogata ai lavoratori, che ne facciano
esplicita domanda dipendenti e autonomi che maturano, nel periodo
compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 31 dicembre 2021, determinati
requisiti (qui trovate
l’elenco di chi può richiederla nello specifico e come funziona).
Requisiti
I lavoratori possono
richiedere la pensione Quota 100 se in possesso, nel periodo compreso tra il
2019 e il 2021, di un’età anagrafica non inferiore a 62 anni e di
un’anzianità contributiva non inferiore a 38 anni (62+38=100). Ai
fini del conseguimento della pensione Quota 100 è richiesta la cessazione
del rapporto di lavoro dipendente.
Per ottenere il requisito
contributivo vale la contribuzione a qualsiasi titolo versata o accreditata in
favore dell’assicurato, fermo restando il contestuale perfezionamento dei 35
anni di contribuzione al netto dei periodi di malattia, disoccupazione e/o
prestazioni equivalenti, dove richiesto dalla gestione a carico della quale è
liquidato il trattamento pensionistico.
Il requisito contributivo
richiesto per la pensione Quota 100 può essere perfezionato anche cumulando
tutti e per intero i periodi assicurativi versati o accreditati presso l’AGO,
le forme sostitutive ed esclusive della medesima, gestite dall’INPS, nonché la
Gestione Separata. La titolarità di una pensione diretta a carico di una di
queste forme di assicurazione obbligatoria preclude il diritto al cumulo dei
periodi assicurativi.
Incumulabilità
La pensione Quota 100 non è
cumulabile con i redditi derivanti da qualsiasi attività lavorativa,
svolta anche all’estero, a eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo
occasionale nel limite di 5mila euro lordi annui.
L’incumulabilità si applica
per il periodo intercorrente tra la data di decorrenza della pensione e la data
di maturazione del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia – adeguato
agli incrementi della speranza di vita – previsto nella gestione a carico della
quale è stata liquidata la pensione Quota 100.
Quota 100, quanto si perde
di pensione
Ma andare in pensione con
Quota 100 conviene? Quanto si perde? È ovvio che l’assegno pensionistico si
basa anche sui versamenti che ciascun lavoratore ha fatto, per cui meno
contributi versati significa una pensione più bassa. Ma, c’è un ma.
È stato lo stesso ex
presidente dell’Inps Tito Boeri a spiegare all’avvio di Quota 100, attraverso
una campagna informativa, quanto si perde con questo tipo di uscita dal lavoro
anticipata. Per Quota 100 non sono previsti tagli, decurtazioni e ricalcoli, ma
la perdita in termini di assegno c’è comunque.
Uscire dal lavoro prima
comporta un numero minore di contributi versati e un coefficiente di
trasformazione più basso, che si traduce in un assegno minore. La
penalizzazione, però, dipende dal sistema di calcolo utilizzato: può essere
minima se la maggior parte delle annualità è calcolata con il sistema
retributivo e non contributivo.
Secondo i dati dell’Ufficio
parlamentare di Bilancio, scegliere Quota 100 può significare perdere dal
5,6%, nel caso in cui l’uscita dal lavoro si anticipi di un anno, fino al 34,7%
in caso di uscita 6 anni prima.
Bisogna però considerare che
con Quota 100 si prende la pensione per qualche anno in più rispetto a chi
resta al lavoro per più tempo, fino all’età per la pensione di vecchiaia:
andare in pensione prima significa dunque prendere una pensione più alta
dall’Inps. La perdita reale si attesterebbe quindi, in
media, tra lo 0,22% per chi è andato in pensione un anno prima, e
l’8,65% per chi è uscito dal lavoro 6 anni prima.
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